Perché i giochi di ruolo non fanno male

Da Wired, 3 dicembre 2014

Perplessità, preoccupazione, allarme. Queste le parole usate da Massimo Montani e Gilberto Gerra, del Centro studi Farmaco-tossicodipendenze dell’Usl di Parma, per descrivere una pratica pericolosa e sempre più diffusa, che potrebbe portare a “fenomeni di alienazione e dipendenza fra i praticanti”.

Si tratta dei giochi di ruolo, spesso indicati con l’acronimo Gdr, cioè quei giochi basati sulla creazione e narrazione condivisa di storie delle quali i giocatori – a eccezione di uno di loro, che svolge il compito di arbitro e narratore – interpretano i protagonisti. Il più longevo e famoso è sicuramente Dungeons & Dragons, di ambientazione fantasy, e il loro successo ha ispirato svariati videogiochi blockbuster come Mass Effect o World of Warcraft.

La loro diffusione fra gli adolescenti viene giudicata “estremamente preoccupante” da Montani e Gerra, in quanto portatrice di “una mentalità fatta di destini ineluttabili e di insormontabili maledizioni, […] piena di ultra-poteri e di mitologie che pongono ristretti limiti alla libertà della persona”. Un contesto di evasione in mondi paralleli descritto dai due come un “supermercato del sacro, dell’aldilà e del sacro-satanico non lontano dal modo di pensare che conduce ad aderire a gruppi o sette di questo settore”. Le posizioni di Montani e Gerra sono drastiche e arrivano a tirare in ballo anche “le metamfetamine e le incontrollabili nuove generazioni di stimolanti sintetici” che, secondo loro, si sposano “perfettamente con le esigenze dei partecipanti ai giochi di ruolo”.

L’articolo è stato pubblicato di recente dal sito Papaboys 3.0 ma in realtà circola sul web già dal 2000 e ogni tanto riemerge, direttamente o indirettamente, su siti di ispirazione religiosa. È però sufficiente un’occhiata ai più di 200 commenti che hanno seguito la sua ultima apparizione per capire che non si tratta di una questione di fede: molti infatti, prima di demolire le tesi dell’articolo, ci tengono a sottolineare il loro essere credenti e praticanti.

Ma da dove nasce questo tipo di critica e su quali basi si poggia? Per capirlo, dobbiamo fare un passo indietro.

Debbie e Marcie sono due giovani amiche con una grande passione per i giochi di ruolo. Passione che però porta le loro strade a separarsi. La morte del personaggio di Marcie le costa infatti la cacciata dal gruppo mentre Debbie viene invece promossa al rango successivo: l’ingresso di un gruppo di streghe, grazie alle quali inizia ad apprendere la vera magia. Lo shock per il suicidio di Marcie, schiacciata dal senso di fallimento per la morte del suo personaggio, riporta Debbie alla realtà, ma solo grazie a un aitante e devoto amico, e all’esorcismo di un infervorato predicatore, la giovane potrà finalmente liberarsi dalla maligna influenza dei giochi di ruolo.

Se pensate che sia una parodia, vi sbagliate. Si tratta di Dark Dungeon, un fumetto pubblicato nel 1984 da Jack Thomas Chick, un autore ed editore americano le cui strisce ribollono di fondamentalismo cristiano, dalla storia del giovane creazionista che umilia il suo professore svelando gli errori della teoria dell’evoluzione, a quella dell’omosessuale che, dopo aver ascoltato la storia di Sodoma, capisce di essere un peccatore e crolla in lacrime.

Al di là delle facili ironie che può suscitare, Dark Dungeon fu una delle tante espressioni di una crociata contro i neonati giochi di ruolo (Dungeons & Dragons è del 1974), accusati di essere la causa scatenante di alcuni suicidi di giovani. Due i casi più rilevanti: quello di James Dallas Egbert III, uno studente dell’università di Michigan State che si uccise nel 1980, e quello di Irving Pulling, suicidatosi nel 1982. Entrambi erano giocatori di ruolo. La vicenda del primo ispirò un romanzo dal quale venne poi tratto un film interpretato da Tom Hanks, il cui titolo, Maze & Monsters, allude chiaramente a Dungeons & Dragons. La morte del giovane Irving, invece, indusse la madre Patricia a fondare un’associazione chiamata Bothered About Dungeons & Dragons (Badd), i cui membri attribuivano ai Gdr una lunga lista di pratiche criminali (stupro, omicidio), esoteriche (satanismo, negromanzia, stregoneria), autolesioniste (suicidio, masochismo) e, dal loro punto di vista, pericolosamente immorali (omosessualità, blasfemia).

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