Mostri, ragazzini e nostalgia. Stranger Things

Da Oggiscienza, 14 settembre 2016

strangerthingsLa pausa estiva è finita e noi di Stranimondi siamo pronti per tornare a parlare di romanzi, film, fumetti e serie televisive, e della scienza che in essi è coinvolta. E non potevamo che riprendere con Stranger Things, la serie uscita a metà luglio su Netflix e rapidamente diventata il successo dell’estate (e non solo). Di cosa parla? Di una tranquilla cittadina americana, di un gruppo di ragazzini appassionati di giochi di ruolo e di una base governativa nella quale vengono condotti strani esperimenti. Finché la sparizione di uno dei ragazzi e la comparsa di una strana bambina non mettono in moto una serie di eventi che coinvolgono giovani e adulti, costringendoli a confrontarsi con una minaccia sovrannaturale.

Due sono i punti forti di questa serie.

Il più evidente è senza dubbio l’effetto nostalgia. Stranger Things è una serie che pesca così tanto dall’immaginario degli anni Ottanta da far pensare a un’astuta strategia per catturare il cuore dei 30-40enni cresciuti con Stephen King e Steven Spielberg, con Dungeons & Dragons e Star Wars, con i Goonies e Stand by me, con Freddy Krueger e Lo squalo.

Per fortuna, i registi gemelli Matt e Ross Duffer sono figli di quegli anni (classe 1984) e conoscono bene il materiale di partenza. Il che, unito a un ottimo lavoro sulle fonti di ispirazione, ha consentito loro di gestire i tanti, tantissimi spunti, che sono riusciti ad amalgamare in un insieme coerente nel quale le citazioni sono chicche per chi sa coglierle e non un continuo susseguirsi di strizzatine d’occhio fini a sé stesse. Certo, in più occasioni si ha la sensazione di star vedendo una serie pensata apposta per piacere a un determinato target, ma la passione dei due registi è evidente e riesce a dare un tocco personale al risultato, rendendolo qualcosa di più di una furbata commerciale.

Il che ci porta al secondo punto di forza: la qualità della realizzazione.

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