Il futuro visto da Nathan Never

Da Oggiscienza, 16 novembre 2016

Nato nello stesso anno in cui il primo sito web ha visto la luce e l’Unione Sovietica si è dissolta, Nathan Never è rapidamente diventato uno dei pilastri del fumetto italiano. La saga fantascientifica della Bonelli festeggia quest’anno il suo venticinquesimo compleanno; un traguardo ragguardevole per una serie con una continuity così marcata, che è riuscita a mantenere una sua identità forte pur rinnovandosi ciclicamente.

L’importante anniversario è stato celebrato anche dal Trieste Science+Fiction Festival, che ha dedicato una mostra e uno degli incontri di futurologia all’eroe dai capelli bianchi, il bavero del cappotto alzato e lo sguardo malinconico. Incontro al quale sono intervenuti Bepi Vigna – creatore del personaggio insieme agli altri due componenti del cosiddetto trio dei sardi, Michele Medda e Antonio Serra – e alcuni disegnatori storici della serie come Romeo Toffanetti e Mario Alberti (autore anche delle locandine del festival triestino nel 2013, 2014 e 2015).

“L’idea di Nathan era nata già negli anni Ottanta e ci abbiamo lavorato a lungo finché la Bonelli ce lo ha approvato”, racconta Vigna. “Ognuno di noi tre aveva un approccio differente a questo eroe futuristico e malinconico, e ciò ci ha consentito di esplorarlo da diversi punti di vista”.

Ex poliziotto, segnato dall’omicidio della moglie e dal crollo psicologico della figlia Ann, Nathan è un personaggio ricco di sfumature, che ricorre alla violenza solo se davvero necessario e colleziona antichità come libri e film. “I ricordi hanno molta importanza nel fumetto, ma Nathan non è uno che si nasconde nel passato”, spiega Vigna. “C’è una frase che ha pronunciato più di una volta: ‘il futuro mi fa paura perché in esso c’è la fine di tutto ciò che amo’. È una paura molto umana, è il timore di perdere quello che si conosce, ma non è certo un rifiuto del domani”.

Tante sono le fonti di ispirazione del fumetto: la megalopoli in cui sono ambientate molte delle avventure di Nathan pesca a piene mani dalla Los Angeles di Blade Runner (e lui stesso deve molto al Rick Deckard di Harrison Ford), aspetto e carattere di Legs Weaver, uno dei personaggi più noti della serie, sono ispirati alla Ellen Ripley di Alien, gli scenari contaminati del Territorio richiamano i paesaggi desertici di Mad Max, mentre le vicende incentrate sugli androidi e sulla loro libertà citano esplicitamente le leggi della robotica di Asimov. E tanti sono anche i modi in cui viene declinata la fantascienza, dal techno-noir metropolitano all’avventura spaziale, dai viaggi temporali all’incontro con razze aliene.

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