Il lato cupo della speranza. Rogue One

Da Oggiscienza, 21 dicembre 2016

Come potete capire da questa recensione che risale allo scorso gennaio, chi scrive ha apprezzato Episodio VII – Il risveglio della Forza, nonostante alcuni innegabili difetti. Era quindi inevitabile che l’uscita di Rogue One non sfuggisse ai radar di Stranimondi, anche se la saga di Star Wars non ha poi così tanto a vedere con la scienza.

Come recita il sottotitolo – miracolosamente lasciato in inglese anche nella versione italiana – il film è “a Star Wars story”, cioè una storia ambientata nell’universo creato da George Lucas ma che non fa parte della saga principale. Uno spin off, insomma, che comunque ha un legame molto stretto con Episodio IV, poiché racconta come i ribelli hanno ottenuto i piani della Morte Nera. Dettaglio che veniva risolto in poche righe del celebre testo a scorrimento con cui quel film (così come tutti quelli successivi) si apriva. E quel testo in Rogue One non c’è, tanto per mettere in chiaro fin dall’inizio che c’è qualcosa di diverso.

A dirigere troviamo Gareth Edwards, già regista di Monsters e Godzilla, cui pare fosse stata concessa una certa libertà di sperimentare. Questa notizia, insieme alla massiccia campagna di marketing messa in campo dalla Disney, aveva contribuito a stimolare parecchio l’hype fino a quando, quest’estate, non si è saputo che alcune scene sarebbero state rigirate. Il che non era un segnale incoraggiante, visto che una simile operazione può essere molto costosa e che quindi non viene intrapresa a cuor leggero dai produttori. (Attenzione agli spoiler per i prossimi tre link) Dopo l’uscita del film, basandosi sulle scene dei trailer che non sono arrivate al cinema e sulle informazioni carpite in rete, c’è chi ha cercato di capire che tipo di film sarebbe stato Rogue One nella prima versione. Finché lo stesso Edwards non ha detto la sua sui cambiamenti.

Ma al di là di queste considerazioni, com’è Rogue One?

Bello, solido, avvincente, abbastanza diverso dal canone classico di Star Wars da renderlo particolare, ma non troppo da renderlo estraneo. Non privo di difetti, ma con il grande pregio di essere fedele alla tradizione pur discostandosene in alcuni elementi cruciali: niente cavalieri Jedi, niente (o quasi) spade laser, niente toni scanzonati. Per la prima volta non c’è neanche John Williams a curare la colonna sonora, affidata invece a Michael Giacchino (che comunque si rifà ai classici temi della serie). E anche il modo in cui il film si rapporta con la Forza è interessante. L’aspetto mistico che permea la saga principale di Star Wars qui si intravede ma non è al centro dell’attenzione. È presente – in maniera sincera, non posticcia – nelle parole e nelle preghiere di diversi personaggi, però la storia è costruita su un problema puramente tecnologico e sui sacrifici necessari per risolverlo. E, da questo punto di vista, Rogue One è forse il film più fantascientifico di Star Wars.

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