Gli agenti CIA sono addestrati con un gioco da tavolo

Da Esquire, 17 aprile 2018

David Clopper è un analista dell’Ufficio Programmi Strategici della CIA con 16 anni di esperienza in operazioni di intelligence. Nel 2017, al festival di cinema, musica e tecnologia South by Southwest (SXSW) che si tiene a Austin, Texas, ha parlato del suo incarico di addestratore in ambiti come la raccolta di informazioni e l’analisi politica in situazioni complesse, rivelando uno dei metodi che usa per istruire i funzionari dell’agenzia. Li fa giocare.

Chi ha seguito la conferenza texana di Clopper ha potuto provare due dei suoi giochi. Uno di essi, Collection, consiste nella risoluzione di tre situazioni critiche scelte a caso – per esempio, un conflitto militare fra Etiopia ed Eritrea, uno tsunami in Indonesia e una crisi energetica nel Mar Caspio. Ogni giocatore gestisce un funzionario CIA con una precisa specializzazione e la collaborazione fra di loro è fondamentale per impedire un’escalation di queste crisi. Si vince o si perde tutti insieme. Un meccanismo ispirato a uno dei più famosi giochi collaborativi in commercio, Pandemia, dove i giocatori interpretano diversi esperti nei campi dell’epidemiologia, della medicina e della logistica il cui scopo è trovare la cura per quattro malattie prima che dilaghino nel mondo.

Un’altra delle invenzioni di Clopper, Collection Deck, si ispira al famoso gioco di carte Magic L’Adunanza ed è quindi molto più competitivo: i giocatori devono raccogliere informazioni e ostacolare l’attività degli avversari, simulando così i tanti intralci che un agente deve affrontare nell’attività di intelligence.

E poi c’è Kingpin: The Hunt for El Chapo, che come suggerisce il nome è incentrato sulla caccia a Joaquín “El Chapo” Guzmán, capo del cartello del narcotraffico di Sinaloa, arrestato (per la terza volta) a inizio 2016 dopo che era evaso dal carcere attraverso un tunnel. Questo gioco è stato realizzato in collaborazione con Volko Ruhnke, game designer esperto di giochi di guerra e guerriglia ad ambientazione storica e contemporanea. Si chiamano COIN, da COunter INsurgencies, e sono ben diversi dal Risiko o Monopoli a cui molti pensano quando sentono parlare di giochi da tavolo.

Giocare per divertirsi vs giocare per imparare

Il mondo dei boardgame, negli ultimi vent’anni, è andato incontro a una vera e propria rivoluzione che ha portato a un boom tutt’ora in corso, con centinaia di titoli in uscita ogni anno. Le nuove idee emerse nel corso di questa golden age hanno evidenziato le grandi potenzialità dei giochi da tavolo. Potenzialità che possono anche essere sfruttate per trasmettere concetti e competenze.

“Il gioco è uno strumento molto potente e versatile, e il suo potenziale va ben oltre il mero divertimento”, ci racconta Walter Nuccio, game designer e autore del libro La progettazione dei giochi da tavolo. Strumenti, tecniche e design pattern (Mursia). “Se lo si vuole usare per fini didattici bisogna capire come sfruttarne le caratteristiche. La cosa più facile è adattare l’ambientazione del gioco. Più difficile invece è trovare le meccaniche ludiche adatte per insegnare una certa competenza”.

Il punto è proprio questo, le meccaniche. Nella sua rubrica La parola al design, sul sito Gioconauta, Nuccio le definisce così: “Una regola o un insieme di regole che mettono in relazione una o più risorse con uno o più effetti”. Le risorse sono tutti quegli elementi del gioco – dadi, carte, segnalini, caselle, banconote – con cui i giocatori possono interagire per produrre un effetto come avanzare, ostacolare un avversario, guadagnare punti o ulteriori risorse.

Nel già citato Pandemia, non c’è bisogno di spiegare ai giocatori che la coordinazione e la collaborazione sono importanti. Lo capiranno nel corso della partita, scontrandosi con le difficoltà che il gioco li costringe ad affrontare e con l’incombente minaccia della sconfitta comune, che può essere evitata solo discutendo, scegliendo insieme che azioni fare e in quale sequenza.

“Normalmente si realizza un gioco pensando all’attrattiva che può suscitare sul mercato e quindi lavorando sia sulle meccaniche sia su grafica e componenti, per catturare l’interesse dei giocatori”, continua Nuccio. I giochi realizzati da Clopper, invece, sono pensati per stressare le situazioni che simula e non sono bilanciati per ottimizzare il divertimento dei partecipanti. “È più raro che si progetti un gioco con l’obiettivo di trasmettere determinate competenze. Questo tipo di operazione rappresenta una grossa sfida per un game designer”.

Un gioco ben fatto, però, può essere didattico anche se non è nato con quello scopo. Pandemiaper esempio, è stato usato come strumento didattico in un progetto della Scuola di Medicina dell’Università di Leicester, per insegnare agli studenti l’importanza del lavoro di squadra e della comunicazione, ed è stato apprezzato anche dal Centers for Disease Control and Prevention – l’organizzazione nazionale statunitense dedita alla sorveglianza e al contrasto delle malattie – per come simula alcuni aspetti importanti della gestione della salute pubblica. E non è certo l’unico.

“Tutti i giochi possono insegnare qualcosa”, spiega Nuccio. “Alta tensione è un gioco gestionale che simula molto bene il variare dei prezzi delle risorse in base alla domanda e all’offerta, come anche I coloni di Catan. Entrambi quindi possono essere utili per spiegare le dinamiche del mercato. Nome in codice, invece, incoraggia i giocatori a trovare un elemento comune a una serie di parole per far sì che i compagni di squadra possano indovinarle; questo esercizio di astrazione è esattamente quello che entra in gioco nella progettazione del software, dove spesso è molto importante individuare una serie di concetti e poi raggrupparli in un concetto più ampio che li racchiude tutti”.

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Andrea Ligabue è vicepresidente di Play Res, un’associazione culturale dedita alla promozione, divulgazione e ricerca sul gioco, e direttore artistico di Play, la più grande fiera italiana dedicata ai giochi, che ad aprile 2018 ha celebrato la decima edizione con più di 40.000 visitatori. Ludologo di professione, Ligabue ha una lunga esperienza nell’uso dei giochi da tavolo per la formazione e la didattica.

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