Super batteri e zanzare mutanti: la resistenza ai farmaci è una minaccia in continua evoluzione

Da Esquire, 27 maggio 2018

“Ciò che non uccide, fortifica”. Una frase che Nietzsche usava riferendosi alla malattia mortale della morale, ma che di sicuro si adatta bene anche a molti parassiti e microbi. Per esempio, i pidocchi; pare infatti che i trattamenti finora usati per eliminarli non siano più efficaci, tanto che negli Stati Uniti si parla di superpidocchi e si moltiplicano i centri specializzati nella loro rimozione meccanica, manuale.

Superpidocchi

La maggior parte degli insetticidi contiene composti chiamati piretrine, o i loro equivalenti sintetici, e più stabili, i piretroidi. Vengono usati in maniera massiccia da più di vent’anni, anche come repellenti e disinfestanti in agricoltura, e non sono specifici: colpiscono in maniera indiscriminata pidocchi, zanzare e scarafaggi così come api, libellule e mosche. I primi casi di pidocchi resistenti ai piretroidi sono emersi in Francia nel 1994 e da allora la situazione è peggiorata.

La causa di questo fenomeno va cercata nell’abuso del DDT. Questo insetticida colpisce il sistema nervoso degli insetti, interferendo con i canali molecolari che attraversano le membrane delle cellule e provocando scariche continue di impulsi nervosi. Il risultato sono spasmi, paralisi e infine la morte. Dopo decenni di esposizione, in alcuni pidocchi sono comparse alcune mutazioni genetiche che rendevano i loro canali di membrana insensibili all’insetticida. Mentre i loro simili privi di tali mutazioni venivano sterminati, questi fortunati parassiti aumentavano di numero. Il problema è che anche piretrine e piretroidi interferiscono con gli stessi canali, quindi le stesse mutazioni che hanno reso i pidocchi resistenti al DDT li hanno anche avvantaggiati nel difendersi dalla nuova generazione di insetticidi.

Uno studio del 2014 ha analizzato diverse popolazioni di questi parassiti nel Nord America, scoprendo che la stragrande maggioranza – si parla di percentuali vicine al 100% – ha una delle mutazioni associate all’insensibilità ai piretroidi. In Europa la situazione è diversa poiché questi composti sono stati abbandonati già da una decina di anni, come ha spiegato a Scientific American Ian Burgess, presidente della International Society of Phthirapterists (Phthiraptera è l’ordine cui appartengono i pidocchi). Inoltre, in Europa l’uso di metodi alternativi come i siliconi e gli oli sintetici – che incapsulano il pidocchio impedendogli di espellere l’acqua fino a provocare la rottura degli organi interni – è soggetto a meno norme ed è quindi più accessibile. Ciò non toglie che anche da noi i casi di infestazioni di pidocchi siano in aumento. Non è il caso però di parlare di allarme.

Zanzare mutanti

Ben più grave è la situazione delle zanzare. Questi insetti sono i principali vettori del protozoo responsabile della malaria e sono stati uno degli obiettivi principali del DDT, quando fu introdotto. L’abuso dell’insetticida ha consentito di sradicare la malattia dall’Europa e dal Nord America ma anche in questo caso ha portato alla comparsa di zanzare resistenti, non solo al DDT ma anche ai piretroidi.

Nel 2016 ci sono stati 216 milioni di casi di malaria nel mondo con circa 445.000 morti, la maggior parte dei quali nell’Africa subsahariana. Dai primi risultati di un grosso progetto di sequenziamento delle diverse popolazioni di zanzare africane, pubblicati lo scorso dicembre su Nature, emergono ulteriori difficoltà per l’eradicazione della malaria; per esempio, l’evoluzione di ulteriori forme di resistenza (grazie a un più efficiente metabolismo dei composti presenti negli insetticidi), e la loro diffusione fra specie diverse e a grandi distanze. Oppure la grande variabilità genetica dei diversi ceppi di zanzare, che potrebbe rappresentare un serio ostacolo per una delle strategie più interessanti: l’uso delle tecniche di editing genomico Crispr/Cas 9 per condurre una modifica genetica di massa, diffondendo nelle popolazioni di zanzare una serie di caratteristiche che impediscano la trasmissione del protozoo.

Quella contro la malaria è una guerra evolutiva su diversi fronti, caratterizzata da una costante corsa agli armamenti. Se le zanzare – responsabili della diffusione anche di altre infezioni come febbre gialla, chikungunya, filariosi e la recente Zika – hanno sviluppato diverse forme di difesa, anche in alcune popolazioni umane sono emersi tratti che hanno migliorato la sopravvivenza a questa malattia. E il terzo attore in gioco, il protozoo, non è rimasto a guardare: la resistenza a diversi farmaci antimalarici è emersa in varie zone dove la malaria è endemica. Per esempio, i ceppi ancora sensibili alla clorochina, uno dei farmaci più diffusi, ormai si trovano solo nell’America centrale, nei Caraibi e nel Medio Oriente, mentre la resistenza all’artemisinina è stata individuata per la prima volta nel Sudest asiatico nel 2008 e da allora si è diffusa nella regione, fino a raggiungere l’India.

Ma i campioni della farmaco-resistenza sono senza dubbio i batteri.

Batteri, gente evoluta

“L’evoluzione della resistenza ai trattamenti è un fenomeno naturale che avviene in tutti gli organismi”, racconta a Esquire Maurizio Casiraghi, professore associato di zoologia all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, “ma i batteri hanno un’arma in più: si chiama trasferimento genico orizzontale, cioè la capacità di trasmettere materiale genetico ai loro simili senza dover passare dalla riproduzione. E spesso in questo materiale ci sono anche geni che conferiscono la resistenza a qualche farmaco. Ciò fa sì che i batteri siano più veloci nell’evolvere le loro difese. Nel mio laboratorio abbiamo analizzato campioni di acqua provenienti da falde situate a più di cento metri di profondità e ci abbiamo trovato dentro batteri con geni della resistenza ad alcuni antibiotici. Questo dà un’idea di quanto sia diffuso questo fenomeno”.

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