L’incredibile storia dei polpi venuti dallo spazio

Da Esquire, 3 luglio 2018

Secondo gli scienziati, i polpi sono forme di vita aliene le cui uova sono giunte sulla Terra milioni di anni fa tramite i meteoriti. Non è una bufala creata apposta per acchiappare click, né tantomeno il tema di un racconto di Lovecraft. È una notizia vera, innescata da un vero articolo scientifico, firmato da più di trenta scienziati provenienti da tutto il mondo e pubblicato a marzo su Progress in Biophysics & Molecular Biology.

Articolo che si apre con una citazione del filosofo della scienza Thomas Kuhn, teorico del concetto di cambio di paradigma nella conoscenza scientifica: “Lo storico della scienza può essere tentato di esclamare che quando mutano i paradigmi, il mondo stesso cambia con essi”. Il paradigma che secondo gli autori è destinato a mutare è quello dell’evoluzione neodarwiniana terrestre, che non sarebbe in grado di spiegare un’ampia gamma di dati biologici e astrofisici. Cosa che invece fa la teoria della biologia cosmica formulata nel 1974 dall’astronomo Fred Hoyle (morto nel 2001) e dal matematico e astronomo Chandra Wickramasinghe, secondo la quale le basi della vita sarebbero arrivate sulla Terra sotto forma di virus o molecole di DNA e RNA, trasportati da asteroidi e meteoriti.

Gli autori dell’articolo, fra i quali lo stesso Wickramasinghe, presentano i dati sperimentali e le osservazioni raccolte negli ultimi decenni che avvalorerebbero questa teoria, consentendo quindi, come recita la frase conclusiva, di “completare la seconda e ultima fase della rivoluzione copernicana iniziata più di un millennio fa”.

L’astrobiologia è una cosa seria

Se le ambizioni sono alte, lo stesso non si può dire della consistenza scientifica. Due sono i problemi principali: uno riguarda l’astrobiologia – la disciplina che studia la vita sulla Terra (soprattutto negli ambienti estremi), la sua origine e la sua possibile presenza altrove – e uno riguarda la biologia evolutiva.

“Gli autori toccano diversi argomenti ma spesso in maniera incorretta e citano studi che dicono cose diverse da quelle che loro affermano. Ci sono diverse mistificazioni e interpretazioni forzate o fuori contesto di dati esistenti”, dice a Esquire Daniela Billi, astrobiologa all’Università di Tor Vergata. “Questo articolo discredita tutta la ricerca condotta in ambito astrobiologico”.

La panspermia, cioè l’idea che la vita possa essere arrivata sulla Terra dallo spazio, esiste da molto tempo e ha suscitato l’interesse di diversi scienziati, da Hermann von Helmholtz a Lord Kelvin, da Svante Arrhenius a Francis Crick (uno degli scopritori della molecola del DNA) fino ad arrivare a Hoyle e Wickramasinghe. Interesse che però a volte è andato a braccetto con ipotesi quantomeno fantasiose.

“La semplice panspermia non è possibile perché è già stato dimostrato sperimentalmente che le spore batteriche nello spazio vengono uccise dalle radiazioni ultraviolette. Al massimo si può parlare di litopanspermia, cioè il trasporto tramite meteoriti di questi microrganismi, ma anche queste sono solo ipotesi”, spiega Billi. “Sappiamo che le rocce possono proteggere i microrganismi dalle radiazioni. Sappiamo anche che i batteri che vivono in zone desertiche calde o fredde della Terra, come in Antartide o in Cile, possono resistere all’assenza di acqua entrando in uno stato disseccato nel quale il metabolismo si spegne e le strutture subcellulari si stabilizzano finché l’acqua non è di nuovo disponibile”.

Per sopravvivere a un viaggio spaziale, però, tutto ciò non basta. “Bisogna considerare tre fasi: l’espulsione dalla superficie di un altro pianeta, il transito nello spazio e l’ingresso nell’atmosfera terrestre”, continua Billi. “Alla luce degli esperimenti e delle simulazioni condotte finora, non è assurdo ipotizzare che alcuni microrganismi possano sopravvivere all’accelerazione e all’escursione termica estreme della partenza da un pianeta e dell’arrivo su un altro. Ma sul viaggio sappiamo davvero poco, gli esperimenti a riguardo condotti al di fuori della Stazione Spaziale Internazionale non sono durati più di 18 mesi”.

Diciotto mesi. Peccato che Wickramasinghe e i suoi colleghi affermino che batteri e virus possono restare pienamente vitali per milioni di anni nello spazio. Addirittura, alcuni di essi “congelati nel cuore delle comete potrebbero sopravvivere indefinitamente”.

I polpi e Darwin

E i polpi spaziali? “L’idea che uova di polpo possano viaggiare da un pianeta all’altro è pura fantascienza, una speculazione che non ha alcun fondamento scientifico e che si poggia, come molti altri elementi della teoria di Hoyle e Wickramasinghe, su un serio fraintendimento, purtroppo abbastanza diffuso, delle dinamiche dell’evoluzione”, commenta Alessandro Minelli, zoologo e già professore all’Università di Padova.

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