Da Oggiscienza, 24 ottobre 2018
Qui su Stranimondi abbiamo recentemente ricordato un classico della fantascienza come Jurassic Park, che 25 anni fa usciva nelle sale cinematografiche suscitando meraviglia per la migliore trasposizione su grande schermo di creature già di per sé dotate di un innegabile carisma. I dinosauri ci ricordano i draghi – e molto probabilmente i loro fossili ne hanno alimentato il mito – e ci fanno immaginare mondi perduti e terrificanti. Gli stessi mondi che Michael Crichton e Steven Spielberg, con mezzi diversi, hanno saputo rievocare in maniera efficace. Anche grazie alla scienza.
Nel tratteggiare il personaggio di Alan Grant, Crichton prese ispirazione da un vero paleontologo, Jack Horner, il primo a fornire le prove che i dinosauri accudivano i loro cuccioli. Il romanzo uscì nel 1990 e un anno dopo a Horner venne chiesto di diventare il consulente scientifico di Steven Spielberg. Ho avuto l’occasione di introdurre Jack Horner a BergamoScienza, in un incontro nel quale lo scienziato ha raccontato come probabilmente erano davvero i dinosauri.
Il primo film di quello che sarebbe diventato un prolifico franchise uscì nel 1993 e, come ha rivelato Horner, i dinosauri erano abbastanza realistici date le conoscenze dell’epoca. Si sapeva già che erano più vicini agli uccelli che ai rettili, come emerge per esempio nella scena in cui i velociraptor si muovono in una cucina: l’idea originale era di mostrarli dotati di lingue biforcute come i serpenti, ma Horner s’impuntò e la scena venne cambiata, mostrando i raptor mentre sbuffavano sul vetro, appannandolo come farebbe un animale a sangue caldo. Non sempre il paleontologo l’ha spuntata ma lui stesso ha ammesso che andava bene così, viste le necessità narrative e l’idea che Spielberg aveva in mente.
Per esempio, allora si sapeva anche che alcuni piccoli dinosauri – inclusi anche i raptor – erano piumati e probabilmente piuttosto colorati, ma questo aspetto non venne considerato nel film per due motivi. Uno di natura pratica: la tecnologia disponibile non consentiva agli esperti di effetti speciali di rendere in maniera credibile un dinosauro anche solo in parte coperto da piume. L’altro motivo era che un dinosauro piumato e colorato non sembrava abbastanza spaventoso, forse perché troppo diverso dallo stereotipo del drago occidentale.
Spielberg voleva predatori feroci e su questo fu irremovibile; poco importava quindi se il Tyrannosaurus rex in realtà forse era più un saprofago che un superpredatore. Nel corso degli anni la paleontologia ha fatto molti progressi nel ricostruire l’aspetto di questi antichi animali ma la saga di Jurassic Park è rimasta ferma agli anni Novanta. Secondo i suoi autori evidentemente è tardi per cambiare; una volta stabilito l’aspetto dei protagonisti, non è più possibile stravolgerlo per non rischiare che gli spettatori rimangano disorientati nel trovarsi davanti un velociraptor che somiglia a un grosso pollo con le zanne. Ed ecco perché Jack Horner ha suscitato molta curiosità quando ha annunciato di star scrivendo un soggetto per un film dove i dinosauri saranno molto più realistici, e non per questo meno affascinanti, di quelli a cui ci siamo abituati.
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