La rabbia che fa tremare la terra. La Quinta Stagione di Nora Jemisin

Da Esquire, 6 giugno 2019

Immoto. C’è una certa ironia nel nome di un continente costantemente minacciato da terremoti ed eruzioni vulcaniche che, a volte, possono innescare catastrofici eventi globali, sconvolgendo gli ecosistemi e la società degli esseri umani che ci abitano. Una società sorta dopo che altre civiltà precedenti sono scomparse, lasciando dietro di sé solo pochi resti – fra i quali misteriosi obelischi fluttuanti. Una società che ha imparato ad adattarsi grazie a una serie di regole chiamate litodottrina e a una divisione in caste fondata sul ruolo che un individuo, in base alle sue caratteristiche, può svolgere nella propria comunità. Una società la cui sopravvivenza è strettamente legata all’esistenza degli orogeni.

Questo è il mondo in cui ci introduce Nora Jemisin ne La Quinta Stagione(Mondadori), primo di una serie di tre romanzi ambientati nell’Immoto che, dal 2016 al 2018, hanno dominato i Premi Hugo, uno dei più importanti della narrativa fantastica – Jemisin è stata la prima scrittrice afroamericana a vincere un Hugo come miglior romanzo – e i cui diritti sono già stati acquistati dalla TNT per trarne una serie televisiva.

Le Quinte Stagioni vengono in genere innescate da terremoti, maremoti o eruzioni vulcaniche, ma gli storici hanno anche documentato casi particolari come la Stagione Errante, provocata dallo spostamento del polo magnetico, o la Stagione Mozzafiato, innescata da un incidente minerario che portò alla fuoriuscita di un’enorme nube di gas naturale tossico. La causa iniziale dà il via a una catena di eventi che, oltre alla distruzione immediata provocata dalle scosse telluriche e dall’attività vulcanica, genera profonde alterazioni climatiche in genere dovute alle ingenti quantità di cenere e frammenti rocciosi lanciati nell’aria, che a loro volta portano a occlusioni atmosferiche, piogge acide e altre catastrofi simili.

Sopravvivere in questo mondo è un’impresa, ed è qui che, oltre alle direttive ingegneristiche, legislative e comportamentali indicate dalla litodottrina, entrano in gioco gli orogeni, esseri umani in grado di interferire con gli eventi sismici arrivando al punto di spegnere vulcani e fermare terremoti. O di scatenarli. Un orogeno è infatti in grado di trarre dall’ambiente circostante energia e calore – che possono provenire da un terremoto oppure, se non ce n’è uno in atto, da altre fonti come fuochi, l’aria o altri esseri viventi – per poi usarle per influenzare i processi tellurici in atto. È una capacità innata, resa possibile da una sorta di sesto senso geologico che può essere stimolato dalla presenza di predatori o da emozioni forti. Il che, considerando che l’orogenia si manifesta in maniera istintiva fin dall’infanzia, può diventare un grosso problema; in mancanza di un adeguato addestramento, un bambino può reagire a una minaccia o a un momento di rabbia traendo energia da qualsiasi fonte vicina (rischiando anche di uccidere altri esseri viventi) e scatenando un evento sismico più o meno potente.

Per questo gli orogeni, fisicamente indistinguibili dagli altri umani, sono temuti e spesso rischiano di venir linciati fin da piccoli. Ma, se identificati e addestrati, possono diventare preziose risorse per placare gli eventi sismici estremi che flagellano l’Immoto. Armi fatte per spostare montagne, individui speciali che nel migliore dei casi vengono accettati come un male necessario ma sempre guardati con sospetto o paura, mai con rispetto.

Su queste premesse Jemisin costruisce un romanzo potente, profondo e coinvolgente, incentrato sul contrasto fra fluidità e staticità – della terra, degli individui, della società – sulla discriminazione e sulla ribellione. L’idea nasce – come racconta la stessa autrice in un’intervista – dal sogno di una donna in grado di smuovere montagne, da approfondite ricerche nel campo della sismologia e dalla rabbia per un omicidio a sfondo razziale. Damaya, Syenite ed Essun sono le tre protagoniste che, in diverse fasi della loro vita, si confrontano con il complesso e sfaccettato mondo creato dall’autrice, svelandone le contraddizioni e le brutalità.

Il worldbuilding di Jemisin è eccellente per come caratterizza sia la società che si è sviluppata in un ambiente così ostile sia un’abilità come l’orogenia che, al massimo della sua potenza e spettacolarità, non ha nulla da invidiare ai poteri sovrannaturali di certi protagonisti di manga e anime, che smuovono e lacerano la terra intorno a loro con la sola forza di volontà. La differenza è che l’orogenia non ha nulla di sovrannaturale. “Non è misurabile, non è limitata, non si può contenere. Per mantenere il senso di magia, avevo bisogno che fosse imprevedibile”, spiega l’autrice nell’intervista. Ma, precisa, “è biologica. Segue regole fisiche, nel senso che bisogna aver sviluppato uno specifico gruppo di organi alla base del cervello per poterla utilizzare”. E soprattutto, aggiunge, “il nocciolo è che si tratta di una forma di adattamento al mondo che si è evoluta ed è cambiata nel tempo, come tendono a fare le abilità di sopravvivenza”.

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