La scienza in Game of Thrones

Da Wired, 19 giugno 2015

Che bello, il mio babbo mi porta sempre con sé.

Romanzi storici in un mondo inventato. Così è stata definita la saga di Game of Thrones di George Martin. Lo scrittore americano non ha mai nascosto le documentate basi storiche su cui ha costruito la sua ambientazione, a partire dalla Guerra delle due Rose che, nella seconda metà del XV secolo, vide contrapporsi York e Lancaster. Il crudo realismo è infatti uno dei marchi di fabbrica di questa saga che, sia nella sua versione cartacea sia in quella televisiva, sta mietendo successi e facendo parlare molto di sé, soprattutto per le morti scioccanti che caratterizzano i finali di ogni stagione.

La scienza può essere un ottimo strumento per misurare la verosimiglianza di un’ambientazione inventata. Su Wired questa strada era già stata intrapresa nei confronti di alcuni dei fenomeni più caratteristici del mondo creato da Martin, come draghi, metalupi e il singolare ciclo stagionale. Ma ci sono altri aspetti di questo mondo tanto spietato quanto affascinante che la scienza può provare a spiegare. Vediamone alcuni [attenzione, ci sono SPOILER dalla prima alla quinta stagione di Game of Thrones].

Il morbo grigio

Uno degli elementi ricorrenti dell’ultima stagione in tv (e dei libri) è stato il morbo grigio. Questa malattia ricorda molto la lebbra per il modo in cui lentamente sfigura le sue vittime con piaghe simili a quelle che segnano il volto di Shireen Baratheon o il corpo martoriato degli stonemen che Tyrion e Jorah incontrano nel loro viaggio attraverso le rovine di Valyria. La loro stessa sorte ricorda quella dei lebbrosi, ostracizzati dalla società e isolati nei lazzaretti, per evitare la diffusione della malattia. La somiglianza però non si estende anche all’infettività: non basta un solo e rapido contatto fisico per prendersi la lebbra. Da questo punto di vista, il morbo grigio sembra assomigliare più al vaiolo, che può trasmettersi da un individuo all’altro sia per contatto diretto sia per via aerea, entro una distanza di un paio di metri.

Non è chiaro però quando un ammalato di morbo grigio inizia a essere contagioso. Di certo non basta essere infetti, altrimenti Jorah avrebbe già contaminato un gran numero di persone, compresi Tyrion e Danaerys. Se ne deduce che la trasmissione da individuo a individuo diventa possibile solo in una fase successiva di sviluppo della malattia.

Uno stonemen norvegese del 19° secolo. True story.

Il morbo grigio non uccide istantaneamente; ci possono volere anni prima che la morte sopraggiunga. Il che, unito alla sua alta contagiosità, la rende una malattia davvero temibile: vivendo a lungo, gli infetti hanno più occasioni di diffondere il morbo, anche grazie a un semplice tocco.

L’acciaio di Valyria

Un Estraneo in meno. Dai che ne rimangono pochi…

In uno dei momenti clou dell’ottavo episodio, Hardhome, Jon Snow sconfigge uno dei White Walker mandandolo in frantumi con un colpo della sua spada, Lungo artiglio. Un’arma forgiata con l’eccezionale acciaio di Valyria – l’unico materiale insieme all’ossidiana in grado di danneggiare gli Estranei – donatagli dal precedente comandante dei Guardiani della Notte, Jeor Mormont. Un’arma rara, dal momento che in tutto il continente pare ne siano rimaste meno di una decina. Per come viene descritta, questa lega singolare sembra ricordare il celebre acciaio di Damasco, che a sua volta era stato derivato dal Wootz, un tipo di acciaio originario dell’India e usato come base per produrre anche le katane giapponesi.

Ma c’è una differenza: i più attenti ricorderanno che Tywin Lannister aveva fatto fondere la spada di Eddard Stark, fatta di acciaio di Valyria, per ricavarne due nuove, poi donate a Jaime – che a sua volta l’ha passata a Brienne – e Joffrey. Ebbene, ciò non sarebbe stato possibile con una spada di acciaio damasceno, poiché avrebbe perso le sue peculiari caratteristiche in seguito alla fusione.

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