Ve l’ho già detto che sono stato al Comic-Con?

00 - Intro

Man mano che ci si avvicina a Downtown, il loro numero comincia ad aumentare. Alcuni li identifichi subito: hanno già i loro zaini-borsa e i loro badge, che ti vien voglia di sbirciare per capire se sono visitatori, espositori, professionisti o che altro. Altri ne sono sprovvisti, ma li riconosci comunque dalle magliette, dalle spille sulle borse e da quell’eccitazione che chiunque sia stato qualche volta a Lucca ha imparato a riconoscere nelle file di persone che camminano lungo le mura.

A tutto ciò, aggiungeteci i trolley, i bus, i palazzi. Ovunque, l’immancabile occhietto.

Lungo il tragitto scambio due chiacchiere con qualche veterano, che mi parla di quando, neanche troppo tempo fa, trovare dei biglietti non era una lotteria folle come adesso e non c’erano code estenuanti da affrontare. Di quando c’erano più comic e meno Hollywood.

Ma io ci arrivo da verginello e i confronti con il passato mi interessano fino a un certo punto.

È luglio, sono a San Diego e sto per partecipare all’evento cui ogni nerd che si rispetti sogna di andare, almeno una volta nella vita.

Odiatemi.

Odiatemi.

L’impatto con il Convention Centre è frastornante, la coda per i giornalisti è pressoché inesistente ma una volta dentro orientarsi è complicato: di qui non puoi passare, di là puoi soltanto scendere, quell’ascensore non va al mezzanine, per andare in quella hall devi uscire, fare il giro e rientrare, l’ingresso è dall’altro lato. Ci ho messo quasi un giorno per capire come muovermi.

La sala degli espositori è immensa e attraversarla da un capo all’altro non è un’impresa da poco. Stand imponenti, free gadget come se piovesse e grandi scenografie, anche se a volte si ha la sensazione che ci sia più fumo che arrosto. La cosa più interessante dello stand Blizzard, per dire, è questa, mentre quest’altra ve la piazzano sotto il naso giusto per farvi venir voglia di preordinarla online, alla modica cifra di 350 verdoni. A questo punto meglio guardarsi certe cosine di WoW che troneggiano allo stand della Weta.

04 - Cosette

A quanto pare, almeno visivamente il film di Warcraft non dovrebbe essere brutto.

Allontanandosi dalla bolgia degli stand principali – DC, Marvel, Lego, Dark Horse, Lucasfilm, Square Enix, eccetera – si trovano cose interessanti: l’Artist Alley, con le sue schiere di disegnatori pronti a vendervi un loro sketch, autografarvelo e magari anche fare due chiacchiere; gli stand di illustrazioni; i rivenditori di fumetti e giochi. Non molti, a dir la verità, soprattutto quelli di giochi. Di cose da vedere ce ne sono tante, troppe. E per alcune, in genere le più ambite, bisogna essere pronti ad affrontare code pesanti.

Volete un esempio?

Ogni giorno, la Lego organizzava due lotterie, una per avere una minifigure esclusiva e un’altra per poter comprare set altrettanto esclusivi allo store. Per partecipare bisognava mettersi in fila in attesa di trovarsi davanti a un tablet sul cui schermo compariva un grosso pulsante: se toccandolo usciva una luce verde, si poteva avere il proprio ometto o il proprio buono per l’acquisto. Se usciva la luce rossa, nulla. Mi sono avvicinato a un tipo che si allontanava esultante con la sua minifigure in mano e gli ho chiesto quanto fosse rimasto in coda.

Due ore.

Avrei voluto fare la stessa domanda a uno che si era beccato il rosso, ma temevo potesse aggredirmi.

Altro esempio. Avevo letto di questo exhibit su Game of Thrones che pareva figo e ho deciso di provarci. Dopo quaranta minuti ho realizzato che la fila faceva il giro tutto intorno all’isolato. Non a un edifico. A un isolato.

04 - Meme

E visto che siamo in tema, parliamo della Hall H. La Hall H è una sala da più di seimila posti dove fanno le cose più fighe. Quest’anno, tanto per dare un’idea, nella Hall H c’erano i seguenti panel:

  • Hunger Games
  • The Walking Dead
  • Game of Thrones
  • Star Wars
  • Hateful Eight
  • E altri

Ora, secondo voi, quanto sono disposti ad aspettare dei fan accaniti per cose del genere?

Sappiate che le code per questi panel iniziavano il giorno prima.

Il. Giorno. Prima.

05 - Code

Non esattamente la mia idea di “camping in San Diego”.

E una volta conquistata la propria posizione nella Hall H, la si teneva fino alla fine.

Quindi no, non ho visto nessuno di questi eventi. E vivo bene lo stesso.

Non sarà un caso se esistono diversi post online su come affrontare il Comic-Con e soprattutto la famigerata Hall H. Se volete andarci e vedere un panel di quelli tosti, mettete in conto di dedicarci almeno un giorno intero. Poi magari vi beccate un evento come quello di quest’anno di Star Wars, che pare fosse molto bello. Però dovrete crederci molto e partire equipaggiati.

Questo per dire che sì, al Comic-Con ci sono i VIP, ma nella maggior parte dei casi li si vede al massimo su uno schermo. Detto questo, capisco benissimo che essere anche soltanto a dieci metri di distanza da Stan Lee sia un’emozione mica da ridere e se avessi incontrato per strada Jennifer Lawrence o Natalie Dormer, sarei stato molto contento. Che poi magari basta tenere le antenne dritte su internet e scoprire all’ultimo momento che c’è Chuck Palahniuk a firmare libri, peraltro distribuiti gratuitamente a chi si mette in coda per un autografo.

06 - Chucky

Sì, è proprio lui. E sì, è proprio uno scoppiato.

Ecco, questo è il Comic-Con. Non so come fosse anni fa, ma ora è decisamente una vertiginosa, imponente ed emozionante vetrina. È uno spettacolo che trasuda Hollywood da tutte le parti. D’altronde, basta guardare la lista degli sponsor e notare che quasi la metà sono emittenti televisive, per farsi un’idea.  Sarebbe lo stesso senza le preview di serie e film attesi, senza attori e registi famosi? Non so, forse no.

È un bene? È un male?

Onestamente, non mi interessa, perché alla fine è una questione di emozioni. Ed essere al Comic-Con è emozionante.

Chiaro che poi non è perfetto e ci sono alcuni motivi per cui preferisco il Lucca Comics and Games. Come fiera mercato, per esempio, l’offerta di Lucca mi sembra più ampia e ricca. Idem se si parla di boardgame: i titoli proposti al Comic-Con sono tutti americani o in stile americano. Inutile cercare un gioco europeo fra quelli in programma. Non so se ce ne fossero da provare perché non sono andato al Manchester Grand Hyatt Hotel, dove c’erano i giochi da tavolo e di carte, ma di certo non erano molto pubblicizzati.

In generale, la tendenza dell’evento è fortemente americanocentrica: film, fumetti, libri, serie TV… quasi tutta roba americana, con la sola eccezione di manga e anime. Ho visto qualche numero di Magico Vento tradotto e un gruppo di eroici italiani che pubblicizzavano un romanzo e una serie di giochi, ma si tratta comunque di gocce nel mare.

E poi c’è la questione VIP, che sulla carta sembra essere uno dei principali selling point della convention di San Diego ma che in realtà, come già detto sopra, potete scordarvi a meno che non siate davvero tenaci.

D’altro canto, al Comic-Con ci sono tanti, tantissimi panel sugli argomenti più disparati, dalla scienza nella fantascienza (con la partecipazione della NASA!) alle sfide del worldbuilding, dal come gestire un crowdfunding alle diverse sfumature dell’epic fantasy. In quei panel – seri, professionali e interessanti – più ancora che nelle orde di geek e cosplayer che sciamavano ovunque, si respirava la vera rivincita del nerd e il riconoscimento delle sue passioni come una solida componente della cultura pop (e non solo).

E vogliamo parlare delle sezioni dedicate ai colloqui di lavoro? Eh sì, tu potevi andar lì, metterti in coda (ma dai) e parlare con gente della Lego o della Blizzard per vedere se potevano essere interessati a te.

07 - Terminator

E vogliamo parlare di queste statuette personalizzate on-demand? Dai, parliamone.

E poi, lasciatemi dire che la politica dei biglietti limitati sarà anche crudele nei confronti dei tanti che non riescono a procurarseli, però la folla del SDCC è decisamente più gestibile. Su diversi blog avevo letto lamentele sulla grande massa di persone presenti, ma chi scriveva evidentemente non era mai stato al LC&G di sabato, magari sotto la pioggia, a lottare con unghie e gomiti per entrare in tendoni affollati di persone e saturati dei peggio afrori che un corpo umano può emettere.

— Tempo di scrivere questo paragrafo ed esce la notizia che quest’anno anche Lucca adotta la politica del tetto giornaliero agli ingressi. —

Questo per dire che, in definitiva, fare delle classifiche è tempo perso. Trovo tanto inutile rivendicare l’orgoglio patrio del “tutto sommato siamo meglio noi e comunque a Lucca ci viene più gente (ci credo, i biglietti non sono limitati)” quanto il prostrarsi davanti alla potenza di fuoco dei grossi calibri yankee ed esaltare tutto quello che fanno, a prescindere.

Il Comic-Con è figo perché è il Comic-Con. Punto. È un evento a cui vale la pena partecipare e non m’importa molto se è stato costruito per farlo diventare così. Perché una volta lì sei contento di esserci.

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